Garantire al Sud una fetta incisiva e importante del PNRR

Garantire al Sud una fetta importante dei fondi del PNRR appare una scelta vincente per recuperare i ritardi infrastrutturali, logistici, digitali e sociali che da sempre caratterizzando la macroregione italiana ricca di potenzialità poco utilizzate. Tutti i piani del Governo che riguardano il Sud ammettono l’esistenza di un trade-off fra efficienza allocativa ed equità perequativa, proponendo nuove azioni per fare in modo che Next Generation EU contribuisca effettivamente alla riduzione dei divari territoriali. Gli esempi autorevoli e positivi provenienti dai borghi periferici del Sud, si pensi a quanto sta avvenendo nel Comune di Pollica, ci sono e meritano di essere messi a sistema, sia con riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza che al Fondo complementare al PNRR, che insieme valgono 222 miliardi di euro.

La relazione del Dipartimento della Coesione mette nero su bianco la grande criticità rilevata sin dall’avvio dei primi bandi PNRR: “è possibile che l’attuazione operativa del Piano faccia emergere un trade-off fra efficienza allocativa ed equità perequativa (in questo caso territoriale), con la possibile conseguenza che la necessità di raggiungimento dei target e delle previsioni nel PNRR possa rendere più complessa l’effettiva applicazione della clausola territoriale”.

Gli esempi del bando Mipaaf per la resilienza dell’agrosistema irriguo e dell’avviso per asili nido e scuole di infanzia, con i progetti delle regioni del Sud esclusi nonostante i maggiori fabbisogni infrastrutturali per mancato rispetto dei criteri di selezione, e sul fronte opposto la polemica sui fondi per la rigenerazione urbana, con i progetti del Nord non finanziati per rispettare il vincolo del 40% e poi ripescati grazie a risorse extra nazionali, segnalano tutta la complessità del problema. Senza dimenticare l’incognita rappresentata da incentivi ad assorbimento come il Superbonus, per cui le stime potranno rivelarsi errate sia al rialzo che al ribasso.

Per favorire l’assorbimento delle risorse destinate al Sud, oltre a misure di accompagnamento dei potenziali beneficiari, sia pubblici che privati, servono tempistiche più favorevoli, anche passando, laddove compatibile con i tempi per il raggiungimento dei target europei, per l’emanazione di più procedure per l’assegnazione delle risorse a favore degli stessi territori.

Le Zone Economiche Speciali per la filiera dell’idrogeno

Svoltosi un importante convegno internazionale nei giorni scorsi a Pescara, intitolato “Energy for the future of industrial areas”, organizzato dall’Agenzia regionale per le attività produttive nel ruolo di braccio operativo della Regione Abruzzo, in cui si è rilanciata l’azione delle Zone Economiche Speciali per la ripresa, la crescita e la ricerca innovativa di tutta la filiera produttiva ed energetica dell’idrogeno. L’evento ha avuto al centro della discussione “le opportunità offerte dalla tecnologia dell’idrogeno verde, che consente di immagazzinare, stoccare e rendere fruibile l’energia prodotta da fotovoltaico, eolico e idroelettrico, con zero emissioni, e in prospettiva a prezzi competitivi per imprese e famiglie, anche alla luce dell’aumento del costo del gas e petrolio, e delle incertezze geopolitiche che incombono sulle forniture“.

Mauro Miccio, commissario di governo per la Zona Economica Speciale dell’Abruzzo, ha confermato che a breve sarà sottoscritta una convenzione con Arap, l’agenzia regionale dell’Abruzzo, che potrà dispiegare le sue competenze e compiti anche nelle aree industriali dei 37 comuni abruzzesi che sono stati ricompresi nelle Zone economiche speciali, istituite dal decreto legge 91 del giugno 2017, all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di importanti semplificazioni amministrative. “L’Arap è pronta a estendere le sue competenze anche nelle aree di insediamento industriale dei comuni ricompresi nelle Zone economiche speciali (Zes) abruzzesi, che potranno dunque essere anche loro protagoniste della creazione della filiera regionale dell’idrogeno verde“, ha dichiarato il direttore generale dell’Arap, Antonio Morgante. I grandi centri di consumo dell’idrogeno possono dare il via a economie di scala nella versione verde del vettore, rendendo il passaggio ancora più conveniente rispetto alle nuove applicazioni distribuite. Una strada già imboccata nell’Unione europea, come confermato da Ruud Kempener, responsabile delle politiche comunitarie. Kempener ha affermato che la Commissione punta al 50% del consumo di idrogeno verde per l’industria entro il 2030. L’obiettivo attuale è di 5,6 milioni di tonnellate per la fine del decennio, ma l’Unione europea sembra essere in grado di superare il target producendo almeno 10 milioni di tonnellate sul mercato interno e importando ulteriori 10 milioni di tonnellate.

Il PNRR e il programma nazionale per la gestione dei rifiuti

Il programma nazionale per la gestione dei rifiuti può divenire un utile strumento per le istituzioni e le imprese per promuovere l’economia circolare e incentivare nuove dinamiche aziendali sostenibili per la crescita dei Comuni. Un importante strumento di indirizzo per le Regioni e le Province autonome nella pianificazione della gestione dei rifiuti. L’obiettivo del Programma è colmare il gap impiantistico, aumentare il tasso di raccolta differenziata e di riciclaggio per sviluppare nuove catene di approvvigionamento di materie prime seconde dal ciclo dei rifiuti, in sostituzione di quelle tradizionali e contribuire alla transizione energetica. Il Programma ha un orizzonte temporale di sei anni (2022-2028), parte dal quadro di riferimento europeo e mira a orientare le politiche pubbliche ed incentivare le iniziative private per lo sviluppo di un’economia sostenibile e circolare.  Le Regioni e le Province autonome saranno poi tenute ad approvare o adeguare i rispettivi piani regionali di gestione dei rifiuti entro 18 mesi dalla pubblicazione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti -PNGR definitivo.

Il programma definisce le macro tematiche e gli obiettivi, i criteri e le linee strategiche a cui le Regioni e le Province autonome dovranno attenersi nella elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti. Offre poi una ricognizione nazionale dell’impiantistica e dà gli indirizzi per colmare i gap impiantistici fra le regioni.  I target si concentrano sull’aumento del tasso di raccolta differenziata, sulla riduzione del numero delle discariche irregolari, sulla riduzione del tasso di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani al di sotto del 10% al 2035.  Il Programma indica inoltre la necessità di adottare a livello regionale pianificazioni basate su una attenta quantificazione dei flussi dei rifiuti e individua nella metodologia LCA (Life Cycle Assessment), uno strumento fondamentale per la comparazione degli scenari di gestione, tenendo conto di tutti gli impatti ambientali.

L’orizzonte temporale è giugno di quest’anno: entro metà 2022 il Ministero della Transizione ecologica dovrà pubblicare sia la strategia per l’economia circolare che il programma nazionale per la gestione dei rifiuti -PNGR. 

 

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES, inclusa una nuova linea di finanziamento dei Contratti di sviluppo per le Zone economiche speciali, trova spazio nel decreto PNRR 2 approvato il 13 aprile dal Consiglio dei ministri. Al fine di definire il miglior pacchetto insediativo possibile nelle otto ZES del Sud finanziate dal PNRR, infatti, il ministero per la Coesione ha lavorato ad un intervento legislativo e normativo che amplia il perimetro d’azione del tax credit ZES, in modo da renderlo più calzante con le reali esigenze insediative nelle Zone economiche speciali. Una progettualità nazionale interessante e che non deve cadere nel dimenticatoio delle imprese che devono comprendere e utilizzare le nuove opportunità provenienti dall’Europa e dalle ZES.

Nelle ultime settimane e nel corso del recente webinar sulla ZES Campania, dopo qualche settimana di distanza dall’annuncio della ministra Mara Carfagna del lancio della campagna di promozione delle ZES in Europa e nel mondo, per attrarre investimenti nazionali e internazionali, a partire da un evento a tema svoltosi a marzo a Expo Dubai, risulta essenziale ed interessante rilanciare l’azione divulgativa e formativa sulla tematica, senza dimenticare le importanti opportunità per le imprese e le startup italiane e meridionali.

Un’azione necessaria per usare le ZES come volano di sviluppo dei territori, in linea con quanto previsto dall’accordo firmato a maggio 2021 con la Farnesina e il ministro Luigi Di Maio. Ad attuare gli interventi saranno anche l’Anas, Rfi e le Autorità di Sistema Portuale, tutti chiamati ad inviare al MIMS l’analisi ambientale delle opere secondo il principio di non arrecare danni significativi all’ambiente e a comunicare le iniziative che intendono adottare per favorire l’inclusione di giovani e donne nella progettazione e nella realizzazione degli interventi. Oltre a stanziare i fondi per gli investimenti il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto anche una riforma delle ZES per renderle più attrattive, semplificando il sistema di governance e favorendo la cantierabilità degli interventi in tempi rapidi, nonché l’insediamento di nuove imprese.

La Pollica Digital Week e il ruolo del marketing territoriale per i piccoli borghi

Dal 25 al 31 marzo, il Comune di Pollica ed il Future Food Institute, nell’ambito del progetto “Pollica 2050“, hanno organizzato presso il Castello dei Principi Capano la Pollica Digital Week, manifestazione dedicata all’educazione e all’innovazione digitale al servizio della rigenerazione culturale, sociale ed economica del territorio. Per tutti i cittadini, cinque giorni dedicati alla diffusione di conoscenza e innovazione con dibattiti, seminari, workshop e laboratori. Durante la Pollica Digital Week si sono svolti seminari e tavoli di lavoro in presenza e online dedicati agli amministratori locali, momenti di co-creazione del linguaggio narrativo visivo del territorio dedicato ai giovani e all’intera comunità e diversi workshop mirati allo sviluppo delle competenze digitali per gli operatori di diversi settori. La Pollica Digital Week è stata l’occasione per tornare a riflettere sulle opportunità del marketing territoriale per i piccoli borghi e le aree marginali. Uno dei mezzi fondamentali è lo storytelling, poiché di una città viene raccontata la storia: una storia che non può prescindere dalle peculiarità, dal folclore e dalle attrazioni della zona interessata. Far conoscere i piccoli centri dell’Italia rurale (e non solo) ai viaggiatori di tutto il mondo significa accendere i riflettori su paesaggi, tradizioni e saperi unici, oltre che espandere le economie locali, promuovendo un turismo sostenibile, fuori dalle rotte maggiormente battute.
Tanti sono ormai anche i progetti di marchi di qualità legati all’offerta dello stile di vita di paese come prodotto turistico; basti pensare all’Associazione dei Borghi più Belli d’Italia, a quella dei Borghi Ospitali, per non parlare del Touring Club con le sue Bandiere arancioni. Iniziative encomiabili che fanno leva soprattutto sul definire la qualità del prodotto di ospitalità per poi promuoverlo attraverso i rispettivi canali. La Pollica Digital Week è stata l’occasione per tornare a riflettere su tutte le opportunità che la digitalizzazione e il marketing territoriale possono innescare le i piccoli borghi e le comunità marginali della nostra Penisola.

InvestEU Blue Economy: per la crescita della blue economy

InvestEU Blue Economy” è un nuovo strumento europeo che mira a mobilitare 500 milioni di euro a supporto degli intermediari finanziari che investono nella blue economy. Le istituzioni europee tornano a puntare l’attenzione sulle opportunità e prospettive della blue economy per la crescita economica ed occupazionale del continente. La misura è una nuova iniziativa azionaria dedicata all’economia blu nell’ambito di InvestEU, che prende le mosse dal progetto pilota del Fondo BlueInvest: uno strumento che negli ultimi tre anni ha raccolto un grande interesse da parte di investitori e imprese. InvestEU Blue Economy è un Fondo azionario che mira a mobilitare altri 500 milioni di euro di fondi dell’UE che riuniranno il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA), il gruppo BEI e il finanziamento di InvestEU. In sostanza, ritroviamo una disponibilità finanziaria di 1,5 miliardi di euro di finanziamenti di rischio che, tramite intermediari finanziari, saranno messi a disposizione delle PMI e delle start-up dell’economia blu.

InvestEU Blue Economy nasce per sostenere le imprese europee nell’economia blu”, destinate a dare “un contributo significativo” alle politiche europee per il clima, “mettendo a disposizione finanziamenti per sostenere le imprese innovative e gli imprenditori ambiziosi che cercano di trovare soluzioni alle sfide dell’economia blu”. Se la Commissione europea ha deciso di lanciare InvestEU Blue Economy, il motivo risiede nel successo raccolto da BlueInvest, la piattaforma e acceleratore nata qualche anno fa per promuovere l’innovazione e gli investimenti in tecnologie sostenibili nell’ambito dell’economia blu.

In questi anni BlueInvest ha conseguito una serie di risultati come quegli oltre 100 milioni di euro di fondi pubblici europei assegnati agli intermediari (Fondi di Venture Capital) per permettere loro di investire fino a 300 milioni di euro nell’innovazione e nella ricerca legate alla blue economy. La piattaforma BlueInvest, il FEI e la BEI forniranno un supporto agli intermediari finanziari e agli investitori che hanno come target gli investimenti nell’economia del mare.

Fondi europei per le ferrovie innovative

La rete di trasporti italiana punta alla creazione di un sistema di ferrovie innovative. Con 234 milioni di euro a disposizione, il bando lanciato da Europe’s Rail punta a dare vita a un sistema ferroviario verde, sostenibile e innovativo. L’iniziativa mira a promuovere anche la condivisione dei dati, la riutilizzabilità e l’interoperabilità dei sistemi di trasporto a partire dalle grandi città metropolitane, dove ci si aspetta che l’implementazione di soluzioni innovative generi maggiori vantaggi.

Milano, Napoli e Roma sono state selezionate come città capofila della sperimentazione. Le tre città saranno laboratori di sperimentazione dei servizi MaaS, per testare l’introduzione di piattaforme digitali per la mobilità sostenibile e rispondere ai fabbisogni dei singoli territori. Previsto anche un sostegno finanziario per gli operatori del trasporto pubblico locale delle città selezionate nella digitalizzazione di sistemi e servizi. Oltre alla selezione per la sperimentazione di servizi MaaS, la città di Milano è stata scelta anche per realizzare un Living Lab, un laboratorio urbano dove sperimentare, in condizioni reali, innovazioni e tecnologie emergenti nel settore della mobilità, in co-creazione con gli utenti. Inoltre, Il Gruppo Fs italiane è tra i 33 operatori di compagine ferroviarie e gestori di infrastrutture ad aver firmato il nuovo patto ferroviario europeo. Il patto impegna i principali player del settore ferroviario di tutta Europa a raggiungere un obiettivo comune: rendere le ferrovie del continente più attrattive, sostenibili, innovative e inclusive. Le ferrovie europee stanno sviluppando una programmazione per ridurre del 30% le emissioni di gas serra legate ai treni entro il 2030 e rispetto al 2015 si stanno impegnando ad aumentare del 25% l’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi della carbon neutrality entro il 2050. La sfida importante è nell’implementazione della tecnologia e del digitale per le ferrovie. Attualmente, servono fondi per investire massicciamente nella modernizzazione delle reti ferroviarie, per aumentarne la capacità e l’interoperabilità e per sostenere gli operatori nella modernizzazione del loro materiale rotabile.

Incentivi fiscali per la produzione di idrogeno verde

Con i nuovi scenari energetici e geopolitici innescati dall’aggressione della Russia in Ucraina, l’idrogeno assume un ruolo ancor più importante nella politica energetica italiana. Per questo, oltre a massicci investimenti, il Ministero della Transizione ecologica sta per varare incentivi fiscali per produrre idrogeno verde. Dopo l’avviso per la creazione di hydrogen valley in aree industriali dismesse il Ministero della Transizione ecologica intende far partire due bandi PNRR dedicati all’idrogeno. In vista dell’avvio di quello dedicato alla ricerca sul vettore energetico, il Ministero sta sviluppando accordi e incentivi anche con ENEA. Ricercatori, aziende e governi si stanno concentrando sull’unica opzione attualmente vincente che porta a zero emissioni di CO2, cioè l‘idrogeno verde. In questo caso la materia prima è l’acqua dolce, che viene scissa in idrogeno e ossigeno per mezzo di elettrolizzatori alimentati da elettricità ottenuta da fonti rinnovabili. Attualmente, il prezzo dell’idrogeno verde è almeno tre volte più alto della sua controparte grigia, e la tecnologia degli elettrolizzatori non è sufficientemente sviluppata per produrre milioni di tonnellate di H2 l’anno. Si prevede che l’idrogeno verde diventerà competitivo sul mercato in circa un decennio, ma anche in questo scenario è importante valutare quanta elettricità, superfici e acqua richiede.

Il Governo italiano assegna all’idrogeno un ruolo importante nei piani di transizione ecologica, e ha fissato obiettivi ambiziosi per lo sviluppo dell’intera filiera e delle innovazione del settore entro il 2030. Il Governo italiano ha posto come obiettivo nella sua Strategia Nazionale Idrogeno, presentata dal ministero dello Sviluppo sostenibile, una penetrazione dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 e fino al 20% entro il 2050. Per questa ragione stanno nascendo in tutta Europa le cosiddette “Hydrogen Valleys”, dei progetti per creare delle filiere dell’idrogeno che combinino produzione, infrastruttura e utilizzo in un’unica regione. In Europa ci sono poco più di 20 progetti di Hydrogen Valleys e altri due nel Regno Unito. Questi progetti, una volta maturati, mirano a formare piccoli incubatori di idrogeno che potrebbero fungere da trampolini di lancio verso un’economia dell’idrogeno a livello europeo. Sono progetti che hanno bisogno di tempo per essere sviluppati, ma potrebbero godere di un’accelerazione grazie ai fondi europei, a partire dal Next Generation Eu, a cui si aggiungono gli investimenti dei singoli governi e i fondi privati.

Arriva il primo bando Interreg Europe 2021-2027

Con un bilancio di 130 milioni di euro, la call del primo bando Interreg Europe 2021-2027 finanzierà progetti di cooperazione interregionale in tutti gli Stati membri, Italia compresa. Le proposte progettuali potranno essere presentate da autorità pubbliche, soggetti no profit e enti di diritto pubblico. Nel quadro della Politica di Coesione 2021-2027 la cooperazione territoriale europea (CTE) può contare su un budget di 8,05 miliardi di euro a prezzi 2018, in aumento del 3% rispetto alla precedente programmazione.

In continuità con la scorsa programmazione, nella bozza dell’Accordo di partenariato 2021-2027 sono presenti 19 programmi Interreg a partecipazione italiana.

I programmi CTE – meglio noti come Interreg – sono finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dallo strumento di assistenza e pre-adesione (IPA III) e dallo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), e si articolano in 4 tipologie: Interreg A per la cooperazione transfrontaliera, Interreg B per la cooperazione transnazionale, Interreg C per la cooperazione interregionale e Interreg D per la cooperazione delle regioni ultra-periferiche. Tra le priorità tematiche del nuovo settennato c’è la transizione ecologica, in linea con gli obiettivi dell’European Green deal, oltre all’attenzione per i progetti di piccole dimensioni. Il tasso di cofinanziamento UE, invece, è fissato a un massimo dell’80%, soglia che sale all’85% per le regioni ultra-periferiche. Nell’anno 2019 I progetti selezionati furono scelti su 170 candidature ricevute per il quarto bando di Interreg Europe, che mise in palio quasi 212 milioni di euro. A candidare i progetti furono 1.262 enti e organizzazioni, 157 dei quali provenienti dall’Italia, il numero più alto fra i Paesi partecipanti a Interreg Europe.