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La Zona Economica Speciale Jonica e le infrastrutture “soft” e “hard”

La Zona Economica Speciale Jonica ritorna al centro del dibattito tra analisti, imprenditori, esperti di logistica e di blue economy. L’occasione si è avuta grazie ad un importante dibattito online organizzato da Gianni Liviano. La prima ad intervenire è la dottoressa Valentina Di Milla, CEO della società RALIAN Research & Consultancy e chief executive officer di FEMOZA, la federazione mondiale delle Zone Economiche Speciali, che ha esposto alcune questioni fondamentali da tenere bene a mente. La prima: le infrastrutture “soft” vanno implementate prima della “hard”. Nel primo gruppo includiamo tutto ciò che non si può toccare. La digitalizzazione, dunque, ma soprattutto il quadro normativo di riferimento. Nel secondo gruppo rientrano i collegamenti stradali, ferroviari, gli edifici. Dunque, secondo Di Milla, non c’è attrattività che tenga senza una normativa chiara e una burocrazia snella. «Con norme troppo complesse si neutralizzano i vantaggi della ZES».

Una volta reso efficiente l’apparato infrastrutturale soft siamo certi che l’efficientamento pesante sarà una naturale conseguenza perché gioverà non solo di risorse pubbliche come quelle di cui stiamo parlando, ma anche della fiducia degli investitori che sceglieranno di delocalizzare all’interno del perimetro della ZES. E anche qui non senza un impegno all’apertura dei cantieri con procedure semplici e veloci e alla loro chiusura in altrettanto rapidi tempistiche. Vedete, il discorso è molto semplice. In una recente riunione effettuata con l’UNCTAD (Conferenza permanete delle nazione unite per il commercio e lo sviluppo) per la formazione di un’alleanza Globale delle più importanti organizzazioni mondiali delle ZES (di cui con FEMOZA siamo fondatori) è emerso che oggi si contano circa 7000 ZES nel mondo tra attive e in implementazione. I soldi sono mobili, camminano, si spostano senza spostarsi realmente. Non è difficile trovare alternative più valide della nostra se i nostri cantieri non chiudono in tempo. Bisogna essere molto realisti e concreti. Soprattutto, i soldi non si interessano al bel mare e non hanno radici a meno che non abbiano come oggetto di investimento un cluster turistico“, ha ribadito Valentina Di Milla, CEO della società Ralian e chief executive officer di FEMOZA, la federazione mondiale delle Zone Economiche Speciali.

La Zona Economica Speciale Jonica è una ZES interregionale, in quanto include aree sia in Puglia che in Basilicata e la sua istituzione risale ormai al 2019, quando fu firmato un apposito DPCM. Dopo oltre due anni è il caso di fermarsi a riflettere sulla situazione attuale.

La Zona Economica Speciale Jonica ha un grande vantaggio: la Zona Franca Doganale interna al suo porto.

Taranto ha la ZFD interna al suo driver ZES. Questo è un potente fattore attrattivo per tutte quelle imprese che hanno l’export come vocazione principale con il vantaggio che gli effetti sospensivi attuabili grazie ad un ZFD sono senza limiti temporali, a differenza delle ZES i cui incentivi economici e finanziari hanno una durata limitata e sottoposta a condizioni. Attenzione: Stiamo parlando di efficientamento infrastrutturale da strutturare in un quadro burocratico, amministrativo e normativo di semplice lettura al fine di efficientare al contempo l’anima dell’attività di una ZES ossia la logistica. Infatti, dotare una Zona Franca, con eventuale Export processing zone inclusa, permette il raggiungimento dell’efficienza logistica e il posizionamento su livelli di sostenibilità ambientale più elevati grazie all’intermodalità e alla politica più efficiente rispetto all’ultimo miglio“, ha ribadito Valentina Di Milla.