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A settembre nuovi bandi per le Green Communities

Le  Green Communities al centro di nuovi finanziamenti del governo che dal mese di settembre del 2022 proverà a dare un’accelerata alla crescita e allo sviluppo del nuovo fenomeno cooperativo. Grazie ai fondi del PNRR risulterà più semplice, nonché importante per la crescita dell’economia nazionale, avviare i primi progetti pilota di Green Communities, comunità locali associate per realizzare piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale. Emilia-Romagna, Piemonte e Abruzzo si sono aggiudicati i primi  sei milioni di euro per avviare i primi progetti pilota. La gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale e delle risorse idriche, la produzione di energia da fonti rinnovabili locali, lo sviluppo di un turismo sostenibile, la costruzione e la gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture per una montagna più moderna, l’efficienza energetica e l’integrazione degli impianti e delle reti, l’integrazione dei servizi di mobilità e lo sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile rappresentano i pilastri dell’azione del governo nel voler realizzare modelli efficaci di Green Communities. Realizzare, sviluppare, implementare progetti e reti di imprese, anche grazie ai fondi del PNRR, che vogliono far crescere comunità locali coordinate e associate tra loro, per realizzare insieme piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale può rappresentare un percorso efficace per tornare a far vivere il tessuto sociale ed economico nazionale dopo l’emergenza sanitaria e la crisi economica generata dal conflitto.

Il Progetto intende sostenere lo sviluppo sostenibile e resiliente dei territori rurali e di montagna favorendo la nascita e la crescita di comunità locali, anche tra loro coordinate e associate, attraverso il supporto all’elaborazione, il finanziamento e la realizzazione di piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale. Nella realizzazione di tale programmazione diviene essenziale affidarsi ad un’ottima consulenza innovativa e sostenibile, riuscendo ad innescare un nuovo sviluppo sostenibile per i territori di appartenenza. Uno strumento ideale per aprire un percorso di collaborazione e di “comunità vive”. Sono, inoltre, un ottimo strumento finanziario e politico per i territori colpiti da incendi o da grandi calamità naturali per definire un processo di rigenerazione non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.

Il Digital Transition Fund e il finanziamento per le startup innovative

Il Digital Transition Fund sosterrà startup e PMI innovative che operano nelle filiere strategiche per la transizione digitale del paese, tra cui: intelligenza artificiale, cloud, assistenza sanitaria, industria 4.0, cybersicurezza, fintech e blockchain. Le informazioni sulla strategia di investimento, i beneficiari, gli ambiti applicativi, la tipologia di sostegno e gli intermediari finanziari saranno dettagliate nell’accordo finanziario tra il Ministero dello Sviluppo economicoCDP Venture Capital Sgr, cui è affidata la gestione del fondo . La transizione digitale è la protagonista di questo nuovo strumento, che si concentra sulle startup e sulle piccole e medie imprese innovative che operano nelle filiere strategiche per la digital transition, con particolare attenzione all’artificial intelligence, al cloud, all’assistenza sanitaria, all’industria 4.0, alla cybersecurity, al fintech e alla blockchain. Al momento, siamo a conoscenza delle numerose opportunità del Digital Transition Fund che opererà attraverso investimenti diretti o indiretti a favore di startup con elevato potenziale di sviluppo, con particolare riguardo verso le PMI delle filiere della transizione digitale e PMI che realizzano importanti progetti innovativi, anche già avviati, non prima del 1° febbraio 2020, ma caratterizzati da significativo grado di scalabilità e favorirà il co-investimento con fondi istituiti e gestiti da CDP Venture Capital Sgr, ma anche con altri fondi di investimento purché gestiti da team indipendenti, con significativa esperienza e positivi risultati in operazioni analoghe e in possesso di un assetto organizzativo in linea con le migliori prassi di mercato.

Inoltre, il Digital Transition Fund dedica particolare attenzione alla tutela dell’ambienta poiché gli investimenti, per essere ammissibili, non devono danneggiare l’ambiente, escludendo dall’accesso ai fondi tutte quelle attività connesse a combustibili fossili, emissioni di gas a effetto serra, discariche di rifiuti e inceneritori. Le risorse a disposizione ammontano a 300 milioni di euro, di cui il 40% destinato al finanziamento di operazioni che prevedono piani di sviluppo da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno.

Dal PNRR 300 milioni per i dottorati di ricerca

Dal PNRR una rivoluzione per la ricerca, i dottorati di ricerca e la crescita delle dinamiche industriali e innovative. Dall’analisi dei focus progettuali del governo e delle linee progettuali intraprese risultano esservi a disposizione 7.500 borse per dottorati di ricerca innovativi nella pubblica amministrazione e in azienda, che sosteranno l’alta formazione e la specializzazione post-laurea in diversi ambiti, dal patrimonio culturale alla duplice transizione verde e digitale.

Un’occasione importante per rafforzare le capacità innovative di dottorati di ricerca, professionisti e manager, spendendo i soldi della formazione in Italia e nel Meridione italiano e bypassando, almeno per questa volta, strutture ed enti formativi ubicati o aventi indirizzo all’estero.

Vale oltre 11 miliardi di euro la componente 2 “Dalla ricerca all’impresa” della quarta missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) redatto dal Governo Draghi, che riunisce le misure volte ad incentivare gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione in Italia. Una recente ricerca sui processi di innovazione e digitalizzazione per i liberi professionisti ha misurato la vocazione al digitale di circa 500 studi italiani, in larga maggioranza commercialisti ma anche avvocati e consulenti del lavoro, per il 50% con sede in Lombardia. Nell’ultimo triennio quasi due studi su tre hanno speso in media non più di 5mila euro all’anno in soluzioni e applicativi digitali, ma c’è anche una quota del 9,2% che sta spingendo sull’acceleratore investendo oltre 15mila euro. Diversa la fotografia se si guarda al numero dei dipendenti. Gli studi con oltre 20 dipendenti hanno una media annua di investimenti di 26.650 euro e uno su quattro supera quota 30mila. Gli studi tra i 5 e i 20 dipendenti raggiungono una media di 13600 euro circa ma uno su quattro supera i 15mila. Gli investimenti aumentano all’aumentare della dimensione dello studio ma non in modo proporzionale rispetto alla crescita di fatturato o di dipendenti: la vera leva di sviluppo del digitale è il capitale umano e non il fatturato poiché gli investimenti crescono di più al crescere delle persone che lavorano nello studio rispetto al caso della crescita del volume d’affari.

Fondi europei per le ferrovie innovative

La rete di trasporti italiana punta alla creazione di un sistema di ferrovie innovative. Con 234 milioni di euro a disposizione, il bando lanciato da Europe’s Rail punta a dare vita a un sistema ferroviario verde, sostenibile e innovativo. L’iniziativa mira a promuovere anche la condivisione dei dati, la riutilizzabilità e l’interoperabilità dei sistemi di trasporto a partire dalle grandi città metropolitane, dove ci si aspetta che l’implementazione di soluzioni innovative generi maggiori vantaggi.

Milano, Napoli e Roma sono state selezionate come città capofila della sperimentazione. Le tre città saranno laboratori di sperimentazione dei servizi MaaS, per testare l’introduzione di piattaforme digitali per la mobilità sostenibile e rispondere ai fabbisogni dei singoli territori. Previsto anche un sostegno finanziario per gli operatori del trasporto pubblico locale delle città selezionate nella digitalizzazione di sistemi e servizi. Oltre alla selezione per la sperimentazione di servizi MaaS, la città di Milano è stata scelta anche per realizzare un Living Lab, un laboratorio urbano dove sperimentare, in condizioni reali, innovazioni e tecnologie emergenti nel settore della mobilità, in co-creazione con gli utenti. Inoltre, Il Gruppo Fs italiane è tra i 33 operatori di compagine ferroviarie e gestori di infrastrutture ad aver firmato il nuovo patto ferroviario europeo. Il patto impegna i principali player del settore ferroviario di tutta Europa a raggiungere un obiettivo comune: rendere le ferrovie del continente più attrattive, sostenibili, innovative e inclusive. Le ferrovie europee stanno sviluppando una programmazione per ridurre del 30% le emissioni di gas serra legate ai treni entro il 2030 e rispetto al 2015 si stanno impegnando ad aumentare del 25% l’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi della carbon neutrality entro il 2050. La sfida importante è nell’implementazione della tecnologia e del digitale per le ferrovie. Attualmente, servono fondi per investire massicciamente nella modernizzazione delle reti ferroviarie, per aumentarne la capacità e l’interoperabilità e per sostenere gli operatori nella modernizzazione del loro materiale rotabile.

PNRR e Regione Lazio: infrastrutture e turismo da rilanciare

I piani del PNRR consentiranno una rigenerazione urbana con decine di interventi che in questi anni vedranno la luce a Roma e nella Regione Lazio, grazie alle risorse comunitarie e alla sinergia territoriale. Durante la recente tappa romana dell’evento “Italia Domani – Dialoghi sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, che in questi mesi sta girando il Paese per spiegare le ricadute pratiche del PNRR sui diversi territori, sono state illustrate e descritte le opportunità di crescita per la Regione Lazio. La fetta più grande della torta è quella che interessa gli investimenti per la cura del ferro e lo sviluppo dei mezzi pubblici a Roma e nell’intera regione. Degli 8,23 miliardi di euro destinati a Roma e Lazio (di cui 4,63 per la città e i restanti 2,96 per la regione), infatti, oltre 3,6 miliardi vanno al trasporto rapido di massa (TRM), al rinnovo del parco autobus e agli investimenti ferroviari e nell’alta velocità.

Ammontano invece a circa 2 miliardi di euro gli investimenti ferroviari e per l’Alta Velocità che permetteranno di completare ad esempio l’anello ferroviario di Roma con le tratte Vigna Clara-Tor di Quinto e con il Nodo di interscambio del Pigneto. Inoltre, non poteva mancare il pacchetto “turismo” del PNRR. Su questo fronte uno dei progetti più interessanti è “Roma caput Mundi”. Come ha spiegato il ministro Garavaglia, si tratta di “mezzo miliardo di euro di risorse per Roma tra centro e periferie” il cui obiettivo è “quello di gestire meglio i flussi turistici nel tempo e nello spazio”, per evitare la concentrazione del turismo in pochi siti e la carenza di turisti in decine di altri luoghi di grande valore ma fuori dagli itinerari più noti. A questi si aggiungono poi 1 miliardo e 300 milioni di euro proventi da altri risorse nazionali, affidate alla Regione Lazio per la realizzazione di opera in fratturali funzionali al Giubileo 2025, oltre ai 300 milioni di euro per Cinecittà e 6 milioni per i parchi e le ville storiche. Fondi da utilizzare nel migliore dei modi per una rinascita della Regione Lazio.

Grazie alle decisioni assunte dal governo negli ultimi dodici mesi, ci sono 109 miliardi di euro a disposizione per gli investimenti in rigenerazione urbana, trasporto rapido di massa, riqualificazione del parco mezzi e mobilità sostenibile.

Il PNRR e la creazione delle hydrogen valley per l’energia del domani

Il PNRR consente alle nostre istituzioni di lanciare nuove proposte e visioni legate alla creazione delle innovative hydrogen valley. L’avviso del Ministero della Transizione ecologica intende intercettare le Regioni e le Province autonome intenzionate a dare vita a hydrogen valley in aree industriali dismesse. Alla luce della corsa globale all’idrogeno, si fa un gran parlare in questo periodo di Hydrogen Valley, un’espressione che torna tanto nella strategia nazionale per l’idrogeno – dove vengono definite come ecosistemi che includono sia la produzione che il consumo di idrogeno e che potranno inoltre fornire aree per la diffusione della molecola entro il 2030 – quanto nel Recovery Plan.

Alla luce della sua posizione strategica nel Mediterraneo e dei collegamenti già esistenti con il Nord Africa, la Sicilia si candida a diventare un perfetto hub dell’idrogeno. Sul piano progettuale, la giunta regionale ha varato un documento strategico con il quale viene delineato il percorso per rendere l’Isola un punto di riferimento internazionale delle ricerche sull’idrogeno. Inoltre, nell’autunno dello scorso anno è stato presentato un progetto con cui Edison e Snam si uniscono a Saipem e Alboran per realizzare congiuntamente tre impianti di produzione di idrogeno verde per complessivi 220 MW in Puglia nelle aree di Brindisi, Taranto e Cerignola (in provincia di Foggia). Si stima che, una volta a regime, i tre impianti siano in grado di produrre fino a circa 300 milioni di metri cubi di idrogeno rinnovabile all’anno.

L’idrogeno verde sarà destinato principalmente all’utilizzo da parte delle industrie presenti nelle aree, anche attraverso l’iniezione dell’idrogeno nella rete gas locale di Snam e impiegato per la mobilità sostenibile. Dei tre impianti previsti, il progetto di Brindisi ha già avviato l’iter autorizzativo e prevede la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde mediante elettrolizzatori con una capacità di 60 MW alimentati da un dedicato campo fotovoltaico. L’intero progetto Puglia Green Hydrogen Valley consentirà di valorizzare e coinvolgere importanti realtà regionali, tra cui l’Acquedotto Pugliese, le Ferrovie Appulo Lucane, i Distretti tecnologici e produttivi pugliesi, il Politecnico di Bari, l’Università di Bari, di Foggia e del Salento. Inoltre, si prevedono investimenti in ricerca e sviluppo che favorirebbero la nascita e lo sviluppo di competenze e di una filiera produttiva in Puglia dedicata all’industria dell’idrogeno.

Il 2021 è stato l’anno degli investimenti innovativi

Il 2021 è stato un anno importante per gli investimenti. Nuove opportunità che aiutano a capire le potenzialità del nuovo anno e la fiducia che le imprese possono sviluppare nei confronti di un sistema commerciale complesso ma dinamico, globale ma meritocratico e che attraverso un buona strategia di investimenti, guidati da una consulenza efficace, può innescare nuove sinergie e crescita economica.  Nel 2021 il contratto di sviluppo ha permesso di mobilitare un totale di 1,14 miliardi di euro da Nord a Sud per investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione, spesso in ottica 4.0, e per l’ampliamento delle attività produttive. I finanziamenti concessi da Invitalia nell’ultimo anno, invece, hanno raggiunto quota 316 milioni di euro.

Dedicato agli investimenti di grandi dimensioni, il contratto di sviluppo finanzia progetti nel settore industriale, nel turismo, di tutela ambientale o relativi alla trasformazione di prodotti agricoli. Ciascun piano può prevedere anche più progetti di investimento, inclusi eventuali progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, a condizione che siano connessi e funzionali tra loro, e comprendere la realizzazione di infrastrutture di interesse pubblico.

Per accedere al regime di aiuto è richiesto un investimento minimo di 20 milioni di euro, soglia ridotta a 7,5 milioni di euro per le attività di prima trasformazione di prodotti agricoli, per i progetti localizzati nelle aree interne del Paese oppure che prevedano il recupero di strutture dismesse. Le agevolazioni sono concesse in forma di contributo a fondo perduto in conto impianti, contributo a fondo perduto alla spesa, finanziamento agevolato e contributo in conto interessi, e variano in base alla tipologia di progetto, alla sua localizzazione e alla dimensione dell’impresa proponente. Le domande  devono essere presentate dalle imprese, anche aggregate in reti d’impresa, ad Invitalia, che è responsabile della valutazione dei progetti e dell’erogazione dei finanziamenti. Un nuovo anno che può generare fiducia nelle opportunità commerciali e negli investimenti innovativi per le imprese italiane e per il tessuto commerciale del nostro Paese.

Istituito il Fondo da 40 milioni per le PMI culturali e creative

Buone notizie per le PMI culturali e creative. Dal 27 novembre è diventato operativo il Fondo per le piccole e medie imprese creative, che promuove una nuova imprenditorialità e lo sviluppo del settore. Il Fondo, previsto dalla legge di Bilancio 2021 e istituito presso il MISE, può contare su risorse pari a 20 milioni di euro per ciascun anno 2021 e 2022, per un totale di 40 milioni di euro. Dinamiche interessanti che si traducono in contributi a fondo perduto, interventi di sostegno nel capitale sociale e finanziamenti agevolativi da destinare all’acquisto di macchinari innovativi, servizi specialistici, finalizzati anche alla valorizzazione di brevetti delle PMI culturali. Attualmente, il provvedimento, siglato anche dal ministro della Cultura Dario Franceschini, è stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione.

Obiettivo delle nuove proposte lanciate è quello di promuovere una nuova imprenditorialità  per le PMI culturali e lo sviluppo di imprese del settore creativo, attraverso contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e loro combinazioni, sostenere la crescita delle imprese del settore anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, a beneficio esclusivo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative nei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali, consolidare e favorire lo sviluppo del sistema imprenditoriale del settore creativo attraverso attività di analisi, studio, promozione e valorizzazione, promuovere la collaborazione delle imprese del settore creativo con le imprese di altri settori produttivi, in particolare quelli tradizionali, nonché con le università e gli enti di ricerca, anche attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto in forma di voucher da destinare all’acquisto di servizi prestati da imprese creative ovvero per favorire processi di innovazione.

Potranno accedere alle agevolazioni tutte le attività d’impresa dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative: in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo.

Gli interventi e i finanziamenti del PNRR per le ZES

Ammontano a 630 milioni di euro i fondi del PNRR oggetto del decreto di riparto a doppia firma Giovannini-Carfagna che ha ricevuto l’ok da parte della Conferenza unificata. La Conferenza unificata ripartisce i fondi del PNRR tra le otto Zone economiche speciali incluse nel Piano. Ora tempi serrati per gare e cantieri, da inaugurare entro giugno 2026. L’obiettivo è quello di sostenere gli investimenti nelle ZES al fine di favorire lo sviluppo economico del Sud Italia, costruendo le infrastrutture necessarie nelle aree industriali, creando collegamenti efficienti tra le reti di trasporto ed avviando lavori di urbanizzazione, industrializzazione e recupero ambientale.

Stando a quanto reso noto dal governo, dopo l’entrata in vigore dei decreti ministeriali di approvazione del piano operativo di tutte le ZES entro dicembre 2021, il cronoprogramma prevede l’avvio degli interventi entro dicembre 2023 ed il loro completamento entro giugno 2026. Oltre ai Commissari straordinari di ogni ZES, ad attuare gli interventi saranno anche l’Anas, Rfi e le Autorità di Sistema Portuale, tutti chiamati ad inviare al MIMS l’analisi ambientale delle opere secondo il principio di non arrecare danni significativi all’ambiente e a comunicare le iniziative che intendono adottare per favorire l’inclusione di giovani e donne nella progettazione e nella realizzazione degli interventi. Importante ricordare che vi è la possibilità per l’Agenzia per la Coesione di fornire un supporto ai Commissari, mettendo in campo un numero adeguato di personale tecnico e amministrativo e garantendo il coordinamento della loro azione e la pianificazione nazionale degli interventi nelle ZES.

Inoltre, per quanto riguarda il credito d’imposta per ciascun investimento all’interno delle ZES, la riforma ha previsto un aumento del suo limite massimo che passa da 50 a 100 milioni di euro. A questo si aggiunge poi l’estensione del credito anche all’acquisto di immobili strumentali agli investimenti, anche mediante contratti di locazione finanziaria.

L’importanza di valorizzare e comprendere le Zone Franche

Nate sulla base dell’esperienza francese delle Zones Franches Urbanes con l’obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico ed occupazionale, le Zone Franche intervengono per favorire la ripresa e lo sviluppo di territori che soffrono di particolari condizioni economiche e che necessitano di particolari agevolazioni fiscali e burocratiche per la crescita economica territoriale. L’interesse per le Zone Franche sta continuamente aumentando, nonostante i processi di omogeneizzazione fiscale e doganale avanzino rapidamente.

Nel contesto meridionale risulta particolarmente importante valorizzare le Zone Franche Doganali ove l’elemento caratteristico è la concessione di agevolazioni fiscali ai vari territori, da parte dell’Unione Europea e con diversi obiettivi: aumentare il commercio internazionale, diminuire la disoccupazione e velocizzare lo sviluppo economico.

Affinché la zona franca possa essere catalizzatore di sviluppo, sono necessari principalmente buona qualità delle infrastrutture, ottimo coordinamento tra politiche locali, regionali e nazionali, strategie di marketing mirate, innovazione tecnologica, digitalizzazione e cooperazione tra imprese.

In Italia, l’importanza delle Zone Franche trova ulteriore conferma dalla necessità di verificare se perdurano condizioni d’interesse per ricorrere, in forme nuove e diversificate, a strumenti che si sono spesso coniugati in passato con vivaci rivendicazioni autonomistiche e con la richiesta di regimi differenziati per riequilibrare gli svantaggi territoriali delle zone di montagna, urbane, periferiche e insulari. Molte organizzazioni settoriali chiedono una flessibilità degli ordinamenti tributari quale condizione per il riequilibrio delle disparità territoriali.

Tuttavia, risulta importante ribadire che le Zone Franche costituiscono il più importante catalizzatore di investimenti usato come driver di attrazione per gli investimenti esteri nella strategia di rilancio del nostro Paese.