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Garantire al Sud una fetta incisiva e importante del PNRR

Garantire al Sud una fetta importante dei fondi del PNRR appare una scelta vincente per recuperare i ritardi infrastrutturali, logistici, digitali e sociali che da sempre caratterizzando la macroregione italiana ricca di potenzialità poco utilizzate. Tutti i piani del Governo che riguardano il Sud ammettono l’esistenza di un trade-off fra efficienza allocativa ed equità perequativa, proponendo nuove azioni per fare in modo che Next Generation EU contribuisca effettivamente alla riduzione dei divari territoriali. Gli esempi autorevoli e positivi provenienti dai borghi periferici del Sud, si pensi a quanto sta avvenendo nel Comune di Pollica, ci sono e meritano di essere messi a sistema, sia con riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza che al Fondo complementare al PNRR, che insieme valgono 222 miliardi di euro.

La relazione del Dipartimento della Coesione mette nero su bianco la grande criticità rilevata sin dall’avvio dei primi bandi PNRR: “è possibile che l’attuazione operativa del Piano faccia emergere un trade-off fra efficienza allocativa ed equità perequativa (in questo caso territoriale), con la possibile conseguenza che la necessità di raggiungimento dei target e delle previsioni nel PNRR possa rendere più complessa l’effettiva applicazione della clausola territoriale”.

Gli esempi del bando Mipaaf per la resilienza dell’agrosistema irriguo e dell’avviso per asili nido e scuole di infanzia, con i progetti delle regioni del Sud esclusi nonostante i maggiori fabbisogni infrastrutturali per mancato rispetto dei criteri di selezione, e sul fronte opposto la polemica sui fondi per la rigenerazione urbana, con i progetti del Nord non finanziati per rispettare il vincolo del 40% e poi ripescati grazie a risorse extra nazionali, segnalano tutta la complessità del problema. Senza dimenticare l’incognita rappresentata da incentivi ad assorbimento come il Superbonus, per cui le stime potranno rivelarsi errate sia al rialzo che al ribasso.

Per favorire l’assorbimento delle risorse destinate al Sud, oltre a misure di accompagnamento dei potenziali beneficiari, sia pubblici che privati, servono tempistiche più favorevoli, anche passando, laddove compatibile con i tempi per il raggiungimento dei target europei, per l’emanazione di più procedure per l’assegnazione delle risorse a favore degli stessi territori.

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES, inclusa una nuova linea di finanziamento dei Contratti di sviluppo per le Zone economiche speciali, trova spazio nel decreto PNRR 2 approvato il 13 aprile dal Consiglio dei ministri. Al fine di definire il miglior pacchetto insediativo possibile nelle otto ZES del Sud finanziate dal PNRR, infatti, il ministero per la Coesione ha lavorato ad un intervento legislativo e normativo che amplia il perimetro d’azione del tax credit ZES, in modo da renderlo più calzante con le reali esigenze insediative nelle Zone economiche speciali. Una progettualità nazionale interessante e che non deve cadere nel dimenticatoio delle imprese che devono comprendere e utilizzare le nuove opportunità provenienti dall’Europa e dalle ZES.

Nelle ultime settimane e nel corso del recente webinar sulla ZES Campania, dopo qualche settimana di distanza dall’annuncio della ministra Mara Carfagna del lancio della campagna di promozione delle ZES in Europa e nel mondo, per attrarre investimenti nazionali e internazionali, a partire da un evento a tema svoltosi a marzo a Expo Dubai, risulta essenziale ed interessante rilanciare l’azione divulgativa e formativa sulla tematica, senza dimenticare le importanti opportunità per le imprese e le startup italiane e meridionali.

Un’azione necessaria per usare le ZES come volano di sviluppo dei territori, in linea con quanto previsto dall’accordo firmato a maggio 2021 con la Farnesina e il ministro Luigi Di Maio. Ad attuare gli interventi saranno anche l’Anas, Rfi e le Autorità di Sistema Portuale, tutti chiamati ad inviare al MIMS l’analisi ambientale delle opere secondo il principio di non arrecare danni significativi all’ambiente e a comunicare le iniziative che intendono adottare per favorire l’inclusione di giovani e donne nella progettazione e nella realizzazione degli interventi. Oltre a stanziare i fondi per gli investimenti il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto anche una riforma delle ZES per renderle più attrattive, semplificando il sistema di governance e favorendo la cantierabilità degli interventi in tempi rapidi, nonché l’insediamento di nuove imprese.

Cresce l’export delle regioni italiane ma il Meridione è indietro

Secondo i recenti dati e le analisi pubblicate dall’Istat, la dinamica congiunturale dell’export risulta positiva per le sole ripartizioni del Nord. Su base tendenziale, la crescita è sostenuta per tutte le ripartizioni, seppure in rallentamento rispetto al trimestre precedente. Nel complesso dei primi nove mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2020, si registra un marcato incremento dell’export per tutte le regioni italiane, a eccezione della Basilicata.

I contributi positivi maggiori derivano dalle grandi regioni del Nord, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e dalla Toscana, che nell’insieme spiegano i tre quarti della crescita delle esportazioni italiane nel periodo. Le prime dieci province, in termini di contributi alla crescita tendenziale dell’export del Paese nei primi nove mesi del 2021, sono localizzate nel Nord e nel Centro e nel complesso, contribuiscono per circa 9 punti percentuali all’aumento dell’export nazionale nel periodo. La spinta del Pnrr è decisiva per accorciare le distanze che lo dividono dal resto del Paese, ma da sola non basta. Se è fondamentale per indurre un’accelerazione del tasso di crescita, non è sufficiente per raggiungere la convergenza.

Per il 2022 si prevede un aumento del Pil del 4,2% al Centro-Nord e del 4% nel Mezzogiorno, con quest’ultimo quindi che resta «agganciato alla ripresa del Nord». Nel  biennio 2023-2024 i tassi di crescita del Sud si attestano rispettivamente tra +1,9% e +1,5%, e comincia a emergere una «significativa divaricazione» rispetto al resto del Paese che dovrebbe crescere del +2,6% nel 2023 e del +2% nel 2024. Per le imprese del Meridione italiano resta essenziale affidarsi ad una consulenza ottimale, attiva sul territorio, che riesca a comprendere l’importanza dei meccanismi territoriali, delle difficoltà dei territori del Sud Italia e pronta a sostenere le imprese in un processo di internazionalizzazione ed export che possa essere davvero incisivo per la crescita all’interno dei mercati esteri.