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Il tax credit per le Zone Economiche Speciali

Anche per il tax credit ZES, l’Agenzia delle Entrate pubblica periodicamente dei chiarimenti, in risposta ai quesiti presentati dai contribuenti. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono quelli contenuti nella risposta n. 332 del 21 giugno 2022 che chiarisce ben tre aspetti dell’agevolazione. Nate nel 2017 con il decreto Mezzogiorno e modificate più volte nel corso degli anni successivi, le Zone economiche speciali sono state varate con l’obiettivo di farsi volano di sviluppo e crescita sostenibile per il Sud d’Italia. Attraverso la messa in campo di agevolazioni economiche, sburocratizzazione, rete logistica smart e semplificazioni a favore degli investimenti infrastrutturali, le ZES sostengono le imprese che decidono di andare ad operare in quelle aree.  Lo strumento principale per far ciò è rappresentato dal credito d’imposta sugli investimenti realizzati dalle imprese localizzate nelle ZES.

Le Zone Economiche Speciali si trovano solo nelle otto regioni del Sud: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. In tutti i casi si tratta di aree geograficamente delimitate che comprendono almeno un’area portuale, ma che possono essere costituite anche da territori non adiacenti. 

Il Fisco ha confermato l’assoluta applicabilità del credito d’imposta per i soli investimenti in beni strumentali laddove effettuati entro il 30 aprile, mentre il tax credit si applica sia all’acquisto di terreni che all’acquisizione, realizzazione e ampliamento di immobili strumentali in caso di investimenti effettuati a partire dal 1° maggio 2022.

Nel secondo punto, il Fisco ha chiarito che la tassazione agevolata è “preclusa nel caso in cui l’immobile sia acquistato da una società appartenente allo stesso gruppo”.

Il terzo punto analizza la cumulabilità del tax credit Zone Economiche Speciali con il bonus Mezzogiorno per l’acquisto di beni strumentali e, nel caso specifico, di celle frigorifere. Su questo fronte, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che i due bonus (Zone Economiche Speciali e Sud) possono essere riconosciuti entrambi sullo stesso investimento, “a patto che il cumulo non porti al superamento del costo sostenuto per l’investimento”.

Le Zone Economiche Speciali per la filiera dell’idrogeno

Svoltosi un importante convegno internazionale nei giorni scorsi a Pescara, intitolato “Energy for the future of industrial areas”, organizzato dall’Agenzia regionale per le attività produttive nel ruolo di braccio operativo della Regione Abruzzo, in cui si è rilanciata l’azione delle Zone Economiche Speciali per la ripresa, la crescita e la ricerca innovativa di tutta la filiera produttiva ed energetica dell’idrogeno. L’evento ha avuto al centro della discussione “le opportunità offerte dalla tecnologia dell’idrogeno verde, che consente di immagazzinare, stoccare e rendere fruibile l’energia prodotta da fotovoltaico, eolico e idroelettrico, con zero emissioni, e in prospettiva a prezzi competitivi per imprese e famiglie, anche alla luce dell’aumento del costo del gas e petrolio, e delle incertezze geopolitiche che incombono sulle forniture“.

Mauro Miccio, commissario di governo per la Zona Economica Speciale dell’Abruzzo, ha confermato che a breve sarà sottoscritta una convenzione con Arap, l’agenzia regionale dell’Abruzzo, che potrà dispiegare le sue competenze e compiti anche nelle aree industriali dei 37 comuni abruzzesi che sono stati ricompresi nelle Zone economiche speciali, istituite dal decreto legge 91 del giugno 2017, all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di importanti semplificazioni amministrative. “L’Arap è pronta a estendere le sue competenze anche nelle aree di insediamento industriale dei comuni ricompresi nelle Zone economiche speciali (Zes) abruzzesi, che potranno dunque essere anche loro protagoniste della creazione della filiera regionale dell’idrogeno verde“, ha dichiarato il direttore generale dell’Arap, Antonio Morgante. I grandi centri di consumo dell’idrogeno possono dare il via a economie di scala nella versione verde del vettore, rendendo il passaggio ancora più conveniente rispetto alle nuove applicazioni distribuite. Una strada già imboccata nell’Unione europea, come confermato da Ruud Kempener, responsabile delle politiche comunitarie. Kempener ha affermato che la Commissione punta al 50% del consumo di idrogeno verde per l’industria entro il 2030. L’obiettivo attuale è di 5,6 milioni di tonnellate per la fine del decennio, ma l’Unione europea sembra essere in grado di superare il target producendo almeno 10 milioni di tonnellate sul mercato interno e importando ulteriori 10 milioni di tonnellate.

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES

Un nuovo pacchetto di misure per le ZES, inclusa una nuova linea di finanziamento dei Contratti di sviluppo per le Zone economiche speciali, trova spazio nel decreto PNRR 2 approvato il 13 aprile dal Consiglio dei ministri. Al fine di definire il miglior pacchetto insediativo possibile nelle otto ZES del Sud finanziate dal PNRR, infatti, il ministero per la Coesione ha lavorato ad un intervento legislativo e normativo che amplia il perimetro d’azione del tax credit ZES, in modo da renderlo più calzante con le reali esigenze insediative nelle Zone economiche speciali. Una progettualità nazionale interessante e che non deve cadere nel dimenticatoio delle imprese che devono comprendere e utilizzare le nuove opportunità provenienti dall’Europa e dalle ZES.

Nelle ultime settimane e nel corso del recente webinar sulla ZES Campania, dopo qualche settimana di distanza dall’annuncio della ministra Mara Carfagna del lancio della campagna di promozione delle ZES in Europa e nel mondo, per attrarre investimenti nazionali e internazionali, a partire da un evento a tema svoltosi a marzo a Expo Dubai, risulta essenziale ed interessante rilanciare l’azione divulgativa e formativa sulla tematica, senza dimenticare le importanti opportunità per le imprese e le startup italiane e meridionali.

Un’azione necessaria per usare le ZES come volano di sviluppo dei territori, in linea con quanto previsto dall’accordo firmato a maggio 2021 con la Farnesina e il ministro Luigi Di Maio. Ad attuare gli interventi saranno anche l’Anas, Rfi e le Autorità di Sistema Portuale, tutti chiamati ad inviare al MIMS l’analisi ambientale delle opere secondo il principio di non arrecare danni significativi all’ambiente e a comunicare le iniziative che intendono adottare per favorire l’inclusione di giovani e donne nella progettazione e nella realizzazione degli interventi. Oltre a stanziare i fondi per gli investimenti il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto anche una riforma delle ZES per renderle più attrattive, semplificando il sistema di governance e favorendo la cantierabilità degli interventi in tempi rapidi, nonché l’insediamento di nuove imprese.

Taranto Comunità: la ZES Jonica

La valorizzazione e le opportunità della ZES interregionale jonica, la discussione sulle opportunità in campo, in particolare verso i target primari del progetto e le proposte del Piano di sviluppo strategico della ZES unica lucana a valere sulla ZES interregionale Jonica rappresentano un’opportunità da valorizzare.

L’evento “Taranto Comunità: La ZES Jonica” vedrà la partecipazione della società “Ralian Consultancy” per provare a lanciare una sinergia e un dibattito su un importante percorso congiunto e condiviso con la Regione Puglia e gli stakeholders lucani, sviluppare progettualità, far comprendere le opportunità del territorio alle startup, rilanciare le politiche per il Meridione e implementare le opportunità del Piano legato alla ZES come sbocco principale del sistema logistico regionale.

D’altronde, risulta estremamente importante valorizzare il Porto di Taranto a partire dai principali sbocchi commerciali locali e dai Poli logistici e produttivi lucani (Melfi, Ferrandina e Galdo di Lauria).

Le imprese possono approfondire la conoscenza per l’esercizio di attività economiche e imprenditoriali che possono legarsi alle aziende già operative e a quelle che si insedieranno nella ZES e potranno beneficiare di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa che proporranno.

L’evento prevede di sollecitare e intensificare il lavoro di relazione politico-istituzionale con le parti datoriali nazionali a favore di tutte le ZES, come quelle di Melfi e Lauria.

Per partecipare all’evento di lunedì 17 gennaio alle ore 18.00, su piattaforma ZOOM:

https://us02web.zoom.us/j/86134650959?pwd=K2M2RkxSVGxOVTdTV0FxcHpUZFJUQT09

Un caffè virtuale con Riccardo Fuochi, illustre protagonista della logistica luxury italiana ed internazionale.

Ci siamo fermati a Milano, questa volta per parlare di un altro tema fondamentale per la ripresa, sempre davanti ad un caffè virtuale da consumare mentre chiacchieriamo con un altro illustre ospite. Abbiamo voluto riservare uno spazio di conversazione su uno dei cluster fondamentali della vita economica italiana: la cultura e l’arte, simboli indiscussi di un Paese, il nostro, che vanta un primato assoluto per storia, per reperti, per illustri artisti e geni indiscussi che tutto il mondo ci invidia. Non esageriamo se diciamo che più della metà delle opere d’arte esposte nei musei di tutto il mondo sono attribuite ad artisti italiani.

La cultura, nel nostro Sistema Paese, incide per circa il 6% sul PIL. Il settore, non è certamente una scoperta, è un volano straordinario per gli altri comparti produttivi ad esso collegati e soprattutto è uno dei fattori chiave nell’attrazione dei turisti da ogni angolo del mondo.

A livello internazionale, viene riconosciuto all’Italia un primato e la movimentazione di turisti stranieri che ogni anno scelgono di fruire dei nostri beni artistici, di visitare le nostre città d’arte, i nostri luoghi di cultura, ne è la dimostrazione incontrovertibile. Il nostro valore aggiunto non si ferma solo a questo. Siamo un vero e proprio museo a cielo aperto, uno scenario naturale in grado di catapultare il visitatore in ogni epoca storica. Potremmo definire l’Italia una “Zona Culturale Speciale” alla quale manca un riconoscimento ufficiale che tenga conto delle potenzialità enormi del sistema in grado di “boostizzare “il sistema economico, combinando con efficienza defiscalizzazione e patrimonio artistico in dotazione. Dove, se non nella nostra bella Italia, ribadiamo a tutti gli effetti definibile come una zona culturale speciale, è possibile trarre dalla cultura, dalla storia del patrimonio artistico ereditato, dai paesaggi mozzafiato, dalla cultura enogastronomica patrimonio UNESCO, vantaggi economici diretti ed indotti con politiche efficienti di defiscalizzazione e deburocratizzazione? Lanciamo una provocazione che speriamo venga colta da quanti operano nel sistema culturale.  Inoltre, per stimolare l’interesse di potenziali investitori…Montecarlo, Lussemburgo, Ginevra, Singapore, Dubai. Cosa accomuna queste città? Tutte  hanno free zones per le opere d’arte che permettono di custodire, trasferire, tutelare e conservare in atmosfera protetta i patrimoni artistici di collezionisti ed investitori di tutto il mondo. Non solo. All’interno di queste free zones è possible compravendere opere d’arte e beni di valore senza applicazione di dazi doganali e imposte indirette. Certamente, è necessario che tali “zone speciali” operino nella trasparenza delle operazioni a garanzia di tutte le parti e, soprattutto, della legalità.   Altresì consentirebbe di aumentare ancor di più la professionalità dei servizi di valutazione artistica, il recupero di beni artistici dislocati in numerosi caveau (solitamente gestiti da banche) e concentrarli in un unico posto che garantisca non solo riservatezza ma anche un insieme di servizi logistici che sono essenziali per la conservazione nel tempo e nello spazio delle opere custodite. Peraltro, la direttiva 2018/843 in materia di antiriciclaggio,impone stringenti verifiche sui beneficiari effettivi del bene in modo da evitare contorte manovre che, attraverso sistemi di attribuzioni fittizie, nascondano sinistre operazioni illecite.   Il connubio fra le free zones , comprese le Zone Economiche Speciali, e la logistica in questo caso diventa la soluzione efficiente in grado di proteggere e tutelare i beni artistici e di valore senza rischi per il proprietario e senza che il valore del bene stesso si riduca per effetto di danneggiamenti o traumi da trasporto, ma esistono anche enormi vantaggi per l’intero circuito museale. Diamo il Benvenuto al nostro caffè virtuale ad un altro ospite d’eccezione conosciuto in tutto il mondo. Oggi è con noi il Dott. Riccardo Fuochi, il quale è un importante punto di riferimento nel comparto della logistic supply chain,  posizionata sul segmento luxury brand, che risulta essere essenziale nella valutazione delle opera artistiche, nel loro deposito e nella loro movimentazione.

 

RALIAN: Dott. Fuochi, lei è un istituzione nel settore della logistica, in particolare fra le tante cose, lei è presidente della OLG international sarl con sede a Chiasso e presidente dell’International Propeller Club di Milano. Di cosa si occupa la sua impresa e in cosa consiste l’attività del Propeller Club?

 

Dott. Fuochi: OLG International è una società internazionale che nasce dopo aver acquisito una lunga esperienza nel settore della logistica della moda per i principali luxury brand. La sua sede principale è a Chiasso, dove c’è un centro logistico per opere d’arte, vini pregiati e oggetti preziosi con uno sviluppo anche oltreoceano ad Hong Kong. Abbiamo sviluppato un know-how di nicchia per la logistica del lifestyle. Continuiamo ad offrire i nostri servizi a numerosi brand della moda, per cui ci occupiamo di seguirgli i progetti di interior design, visual merchandising ed eventi, e abbiamo sviluppato una struttura in grado di offrire una serie di servizi legati al mondo delle opere d’arte e degli oggetti preziosi. Seguiamo gallerie, collezionisti, artisti e case d’asta cercando di non limitarci solamente ad offrire servizi puramente logistici di trasporto e deposito, ma seguendoli in tutte le loro esigenze di imballaggio, questioni doganali e ministeriali, art handling, condition report, offriamo la possibilità di restaurare le opere presso la nostra struttura, fotografarle, mostrarle ad esperti, esporle e archiviarle in blockchain. Il Propeller è  un associazione culturale che promuove l’incontro e le relazioni tra persone che gravitano nel mondo dello shipping, dei trasporti e della logistica. Favorisce la formazione e l’aggiornamento tecnico e culturale tra tutti gli appartenenti alle categorie economiche e professionali che gravitano nel mondo dello shipping, dei trasporti e della logistica, organizzando incontri, convegni , eventi , missioni anche a livello internazionale. Tra le più importanti manifestazioni  vorrei  ricordare le Shipping Week di Genova e Napoli e Shipping Meets Industry di Milano.

 

Ralian:  La cultura è la culla dell’innovazione. Attraverso la cultura stimoliamo la creatività e grazie a quest’ultima diamo vita all’innovazione. Secondo lei, la cultura è percepita nel nostro paese come vero e proprio cluster o abbiamo ancora una visione obsoleta delle sue potenzialità moltiplicative sul sistema economico?

Dott. Fuochi: Sicuramente l’emergenza attuale è stata positiva sotto questo aspetto, ha accelerato lo sviluppo innovativo e digitale in tutti i settori, tra cui quello culturale. Sicuramente la cultura è percepita come un cluster a se stante, ma un’evoluzione è necessaria anche in questo settore per permettere di divulgare e creare progetti anche internazionali. I musei stanno realizzando dei bellissimi progetti innovativi e digitali, cosi come anche le gallerie private. Il raggio d’azione è decisamente ampio, ma da qualche parte bisogna cominciare.

 

Ralian: La creatività e l’arte, da sempre sono la forma più alta di bellezza, di espressione umana. Molto spesso  capolavori immortali sono stati ispirati da disagi umani e sociali, da situazioni di sofferenza nel corpo e nello spirito, talvolta sono stati la denuncia di un’ingiustizia, la presa di coscienza di una necessaria inversione di tendenza che ha ispirato epoche intere della nostra umanità. E’ dunque l’espressione più alta di resilienza. In questo periodo così complicato in cui si paventa una depressione economica senza precedenti, come ci può aiutare l’arte e come la si può rendere fruibile a tutti, in modo da diffondere il suo messaggio benefico e resiliente?

Dott. Fuochi: Educando le persone ad apprezzare l’arte in tutte le sue espressioni, arti visive, arti performative, teatro, cinema, musica, danza  coniugando le varie forme all’interno di percorsi, eventi, manifestazioni ed unendole alle tradizioni locali, coinvolgendo così tutta la popolazione. Tutto questo teso  anche ad un miglioramento delle condizioni di vita, nel rispetto dell’ambiente e della cultura dei singoli territori.

 

Ralian:  Di cosa ha bisogno l’Italia per far sì che il settore dell’arte, di cui il nostro Paese è la culla naturale per autori, reperti, storia, bellezza paesaggistica, ritrovi un ruolo da protagonista nel sistema economico?

Dott. Fuochi: «la cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande.» [cit. Hans Georg Gadamer]

Valorizzazione. L’Italia è il Paese con la più grande concentrazione di patrimonio artistico e culturale al mondo, ma non solo quello storico e del passato che attrae ogni anno turisti da ogni dove, ma anche quello contemporaneo. Sono tantissimi i giovani che si formano ogni anno nelle nostre accademie per poter migliorare la loro espressione artistica e rompere gli schemi canonici ed essere apprezzati da chi osserva le loro opere. Sicuramente ci sono moltissime iniziative interessanti, ma si potrebbe migliorare ancora la valorizzazione e l’importanza del nostro territorio ricco di borghi, monumenti, centri storici da riqualificare e recuperare . Non c’e’ un angolo del nostro Paese da cui non emerga la bellezza, la storia, la cultura. Questo patrimonio immenso deve essere recuperato con dei provvedimenti di carattere economico e fiscale  tesi ad attrarre investimenti, anche da parte di privati, per incentivare  attività culturali, artistiche,  commerciali, realizzando delle aree che potremmo definire delle vere e proprie”zone culturali speciali”, parafrasando il concetto delle ZES.

 

Ralian: Quali sono secondo lei 5 opere d’arte che possono aiutarci a comprendere che dalle cose più brutte e complicate da affrontare può nascere la più grande bellezza?

Dott. Fuochi: Sono moltissime le opere che possono esprimere questi sentimenti. E’ insito nell’animo dell’artista ispirarsi a momenti di difficoltà per esprimere valori  di speranza e di bellezza. Potrei citare alcuni grandi capolavori come :

  1. la flagellazione di Cristo di Piero della Francesca, descrive l’ignavia cristiana di fronte all’avanzata turca precedente la caduta di Costantinopoli. La presa di  coscienza porterà all’unione di papato ed impero ed alla battaglia di Lepanto.
  2. la deposizione di Cristo di Raffaello, Atalanta respinse il figlio Grifonetto, che per insana gelosia aveva partecipato al massacro delle nozze rosse dei Baglioni di Perugia. La repressione lo portò alla morte e la mamma lo pianse e fece commemorare da Raffaello rappresentandolo come un divino giovane, che porta i piedi di Cristo morto… amore materno…
  3. strage degli innocenti,di Rubens, il riferimento alle guerre di religioni che tormentavano Anversa e le Fiandre, con migliaia di civili innocenti uccisi, viene esplicitato come follia bestiale nel capolavoro di Rubens, il cui impegno per la pace è sempre stato vivissimo
  4.  Giuditta e Oloferne di Caravaggio La vedova ebrea Giuditta decapita il generale babilonese Oloferne: le interpretazioni sono tante, ma certo è che Giuditta riluttante esegue la volontà di Dio per la liberazione del suo popolo, che si può leggere anche come vittoria della purezza, rappresentata dalla giovane e bellissima eroina, sulla forza bruta.
  5. Guernica di Picasso 1937 bombardamento tedesco della città spagnola che sconvolge l’opinione pubblica francese e porta Picasso ad esprimerne lo sdegno nel capolavoro esposto subito a Parigi all’esposizione universale, contribuendo a svegliare gli animi liberi ed a sostenere lo spirito indomito che resistette alla successiva sconfitta ed occupazione

 

Ralian: Lei si occupa di logistica. Come si coniuga questo settore con quello della cultura, dell’arte e quali sono secondo lei le best practices da prendere in considerazione per un’ottimizzazione dell’intero cluster di riferimento?

Dott. Fuochi: Vi siete mai chiesti come arrivano le opere nei musei, come avvengono i prestiti tra Paesi per le mostre? Piuttosto,, di cosa succede dal momento in cui un collezionista acquista un’opera in una galleria e finisce in casa nostra? Ecco l’anello che congiunge il settore della logistica e quello dell’arte. Noi ci occupiamo proprio di questo. Innanzitutto di creare un rapporto di fiducia con l’interlocutore – galleria/collezionista/personal assistant/banche/art advisor/artisti – e poterlo assistere in tutte le operazioni, senza lasciargli alcuna preoccupazione, ma anzi tranquillizzandolo e lavorando nella massima riservatezza. Ci occupiamo di formare le persone nel miglior modo possibile perché siano in grado di movimentare le opere d’arte e assistere i clienti: cominciamo da un controllo documentale per verificare che sia tutto in ordine o di richiedere quanto necessario, realizziamo l’imballo idoneo al trasporto, stiliamo un condition report quando ritiriamo e quando consegniamo l’opera, stipuliamo un’assicurazione, valutiamo il mezzo da utilizzare e il numero di persone necessarie per il trasporto, ci avvaliamo di un team di art handler che possa occuparsi dell’installazione. Insomma seguiamo tutti gli aspetti che permettono di trasferire le opere con la massima attenzione da un luogo all’altro.

Ringraziamo il Dott. Fuochi per aver condiviso la sua expertise con noi e per averci permesso di trarre numerosi spunti per un rilancio del settore cultura, come espresso all’inizio dell’articolo.

Ci prepariamo ad un altro caffè virtuale e vi diamo appuntamento a presto.

 

RALIAN Research & Consultancy srl

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Memorandum of Understanding tra RALIAN Research & Consultancy srl e la Federazione Mondiale delle Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali (FEMOZA)

Ieri, 19 maggio 2020, RALIAN Research & Consultancy srl ha firmato un Memorandum of Understanding con la Federazione Mondiale delle Zone Franche e delle Zone Economiche Speciali (FEMOZA)

Orgogliosi di quest’onore condividiamo la notizia con i nostri clienti e con tutti gli stakeholders, consapevoli che l’onore ricevuto ci ricopre di grande responsabilità e ci motiva ancor di più nel nostro impegno quotidiano a fornire il nostro contributo per l’implementazione di un sistema economico che attraverso strumenti di accelerazione dello sviluppo economico come Zone Economiche Speciali, Zone Logistiche Semplificate, Zone franche urbane e doganali, favorisce l’attrazione di investimenti per la crescita armonica e sostenibile di imprese, territori, Paesi.

FEMOZA, è una organizzazione non governativa sotto l’egida delle Nazioni Unite che rappresenta gli interessi delle zone franche e delle Zone economiche Speciali e che promuove la loro implementazione nel mondo. Fondata nel 1999 è la più importante organizzazione del settore, con rappresentanti in più di 225 Nazioni. Dal 2003 FEMOZA ha anche lo status di osservatore presso l’UNCTAD e l’UNIDO.

In questo momento in cui è necessario rilanciare l’economia di molti Stati del mondo, compresa l’Italia, in conseguenza della pandemia da SARS COVID 19, le free zones, in tutte le loro molteplici declinazioni, possono essere lo strumento più idoneo per rilanciare l’economia e favorire uno sviluppo duraturo e sostenibile.

Ringraziamo Mr. Juan Torrents, Chairman di FEMOZA per la fiducia dimostrata nei nostri confronti e per l’attestazione di stima che ha voluto fornirci con tale MoU.

Una stretta di mano virtuale a suggello di una collaborazione che siamo certi darà buoni frutti.

 

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La fase 2. L’Italia come Genova.

La fase due deve necessariamente passare per proposte concrete di semplificazione amministrativa, di dotazione di strumenti di accelerazione dello sviluppo economico in grado di esaltare l’imprenditorialità straordinaria che il nostro Paese ha nel suo tessuto economico. Il nostro made in Italy, il brand internazionalmente più riconosciuto necessita di un rilancio straordinario. Attraverso zone economiche speciali, zone franche doganali, zone logistiche semplificate è possibile accelerare una ripresa economica per un nuovo miracolo italiano. La defiscalizzazione accompagnata da una massiccia semplificazione, insieme ad un potenziamento infrastrutturale indispensabile sia per gli aspetti logistici sia in termini di stimolazione della spesa pubblica, spingeranno in alto i consumi e la produzione a vantaggio del nostro PIL.

Il momento di stasi forzata faccia riflettere sulla necessaria corresponsabilità e compartecipazione dei cittadini alle scelte politico – allocative dei nostri rappresentanti politici. Il modello finora usato ha fallito miseramente mortificando sanità, istruzione, cultura e innovazione, gli unici pilastri che ci hanno mantenuto in vita, pur collassando su se stessi, in questi mesi.
Non ci sarà un’altra possibilità. Si programmi con lungimiranza, si agevolino le imprese, si investa in infrastrutture, in istruzione, sanità, si esalti il ruolo sociale della cultura e della creatività, si scommetta sull’innovazione che ne deriva.
Un’attenzione particolare si riservi al turismo, il grande assente dei programmi. Il comparto genera una parte importante di PIL e distribuisce ricchezza su tutta la filiera. Non si può solo aspettare. Il comparto va sostenuto concretamente e ristrutturato anch’esso con logiche di accelerazione come avviene in altre parti del mondo (Dubai, per fare un esempio).

RALIAN sta lavorando senza sosta in queste settimane ad un programma di sviluppo che sarà fondamentale per i prossimi anni. Da qui partiremo per far sentire ancora di più la nostra voce sui temi che ci stanno a cuore. Il nostro impegno quotidiano in questi mesi è stato, è e sarà in tal senso. Siamo parte attiva nel rilancio dell’economia italiana post COVID – 19. E di questo siamo fieri e grati. Silenziosamente, caparbiamente e incessantemente.

La fotografia di Genova che mostra orgogliosa il suo ponte ricostruito sia il monito che ispiri i nostri cuori. L’Italia è lì. L’Italia non si ferma come Genova non si e’ fermata. L’Italia come Genova non si lascia sopraffare dagli eventi ma reagisce, ruggisce, si rialza, si ricostruisce, superba, fiera e orgogliosa.

Vogliamo sentire una freccia toccarci il cuore e lì nel cuore esplodere. Vogliamo sentire che “L’Italia s’è desta”, un’altra volta, davanti agli occhi del mondo, soprattutto davanti agli occhi di quella parte di mondo che ci diceva che noi italiani non ce l’avremmo fatta.

Debutocratizzare. Defiscalizzare. Investire. Rilanciare. Partecipare. Programmare. Ricominciare. Volare.

 

Le Foreign-trade Zones: Lo strumento degli USA per la promozione del Commercio estero

Le Foreign-trade Zones: Lo Strumento Degli USA Per La Promozione Del Commercio Estero

 In base al World Investment Report 2019 della United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD), esistono nel mondo circa 5.400 Zone Economiche Speciali variamente denominate. La maggior parte di esse è localizzata in Paesi in via di sviluppo ed in transizione,  in particolare in Asia e nell’estremo Oriente.

Per quanto riguarda le ZES esistenti nelle economie dei Paesi sviluppati, la loro connotazione prevalente consiste nella presenza di agevolazioni di carattere doganale di natura sospensiva, ossia per esempio, nel caso di merci importate nelle predette zone, fino alla loro immissione in libera pratica, non si applicano i dazi, l’Iva per destinazione e gli altri tributi doganali fino ad allora sospesi. Il numero maggiore di tale tipologia di zone si trova  negli Stati Uniti dove esse assumono la denominazione di Foreign-Trade Zones (FTZ).
La presenza di ulteriori agevolazioni di carattere fiscale attribuisce loro una valenza che in termini di economia globale altrimenti non avrebbero.
Tale circostanza è riscontrabile in pochissimi Paesi dell’Unione Europea, fra i quali la Polonia, la Bulgaria, la Lituania e la Lettonia.
Le FTZ sono zone franche doganali, sotto la vigilanza doganale degli Stati Uniti, considerate (al pari di quanto avviene in situazioni analoghe nell’Unione Europea), attraverso una fictio iuris come situate al di fuori del territorio doganale statunitense ai fini dell’obbligazione daziaria.
La finalità per la quale queste zone sono state istituite è incoraggiare il ricorso alle imprese nazionali rispetto a quelle straniere per le fasi di produzione e distribuzione dei prodotti. I benefici previsti nelle FTZ consistono in sgravi dalle tariffe e dagli altri oneri amministrativi doganali che, altrimenti penalizzerebbero la competitività delle imprese statunitensi rispetto alle imprese estere. E’ possibile che ogni Free Trade Zone istituisca a loro volta Sottozone: attualmente ne sono censite circa 500.
Come previsto dalla normativa attualmente vigente per le ZES in Italia, le FTZ sono situate nei porti doganali in entrata o nei territori limitrofi, e costituiscono il modello americano di quelle che comunemente sono denominate Free Trade Zones.
La fonte normativa è il Foreign – Trade Zones Act del 18 giugno 1934, come modificata dal Designation of Enterprise Zones, L. 102–550, 1992 e dal Regulations of the Foreign-Trade Zones Board, 15 CFR Part 400, 2012.
Attualmente delle 262 Foreign-Trade Zones autorizzate, sono operative 195, come risulta dai dati ufficiali dell’ 80th Annual Report of the Foreign-Trade Zones Board – 2018, presentato al Congresso degli Stati Uniti nel novembre 2019.
La presenza delle FTZ ha garantito il lavoro per oltre 440.000 persone, impiegate in circa  3.300 imprese che hanno fatto ricorso alle FTZ per le loro attività aziendali, per un totale di operazioni commerciali del valore di 793 miliardi di dollari, con una tendenza in aumento rispetto all’anno precedente. In particolare, l’attività della FTZ registra un aumento significativo in termini di scambi commerciali sia domestici sia esteri, con un differenziale positivo di 124 miliardi di dollari dal 2017.
Di questi, circa il 63% ha riguardato attività di produzione, per un fatturato di circa 504 miliardi di dollari, mentre il restante 37% ha riguardato operazioni di magazzino e di distribuzione.
Bisogna rimarcare che le FTZ non sono progettate esclusivamente per le merci straniere. In realtà, le merci nazionali hanno un’incidenza positiva importante nell’attività propria delle FTZ.
I settori produttivi  maggiormente rappresentati riguardano il comparto automotive, quello petrolifero, elettronico, farmaceutico dei macchinari e delle attrezzature.
Le principali agenzie federali che sovrintendono allo sviluppo del programma delle Foreign-Trade Zones sono il Foreign-Trade Zones Board del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, nonché le Dogane e la Polizia di Frontiera degli Stati Uniti (CBP).

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UNA POSSIBILE IPOTESI DI ZONA ECONOMICA SPECIALE CON FUNZIONE ECONOMICO-POLITICA.

La questione della ricerca della migliore via di uscita per realizzare una Brexit più satisfattiva possibile rispetto agli interessi nazionali ed internazionali (anche divergenti) in gioco, come è noto, include un un’ulteriore problema: la gestione dell’affare “Irish Border”.

Evidentemente è un problema non da poco, perché senza una soluzione ad hoc, si tratterebbe di applicare le rigide e complicate regole del regime doganale vigente in base al CDU nei rapporti commerciali tra l’Unione Europea e i Paesi terzi, lungo un confine di circa 500 chilometri che invece da oltre 46 anni, dal punto di vista dei flussi merceologici, è stato di fatto un “weak border” soggetto alle regole del mercato unico.

In base ai più recenti dati circa il 33% delle esportazioni di beni e servizi dalle imprese dell’Irlanda del Nord vanno verso l’Eire.

Nel 2018, l’interscambio dell’Irlanda del Nord con l’Eire è consistito per circa 3 miliardi di sterline in esportazioni, 2 miliardi di sterline in importazioni, equivalenti ad un saldo commerciale di 1 miliardo di sterline e a un commercio bilaterale di quasi 5 miliardi e mezzo di sterline.
L’Eire è stato sia il 1 ° mercato di esportazione per l’Irlanda del Nord (pari a circa il 36% del totale delle sue esportazioni) sia il 1° mercato di importazione (pari a circa il 28% del totale delle sue importazioni).

Nel dettaglio, la maggior parte delle transazioni transfrontaliere è stata effettuata da micro e piccole imprese, che dominano l’economia dell’Irlanda del Nord, con circa il 74% delle esportazioni coinvolgenti imprese con meno di 50 dipendenti.

Il flusso di scambi commerciali dell’Regno Unito verso i Paesi esteri riguarda per circa il 6% l’Eire, che costituisce il 4° Paese con cui ha maggiori connessioni, dopo USA , Germania e Cina. L’Irlanda (IE) è la principale destinazione di esportazione per l’Irlanda del Nord (NI) e rappresenta circa un terzo (£ 3,4 miliardi) del valore delle esportazioni di beni e servizi da parte delle imprese locali

Lo stesso rapporto di interscambio se è analizzato dalla parte irlandese, rivela che sul totale delle relazioni commerciali verso l’estero il flusso con il Regno Unito incide per il 18 %, e costituisce il 2° Paese con cui ha maggiori connessioni dopo gli USA.

Secondo il The Guardian ogni anno 450 mila rimorchi arrivano nell’Irlanda del Nord trasportando dalle automobili, ai generi alimentari, ai prodotti tessili: il valore complessivo dell’importazione da parte del Regno Unito  è pari a 13, 4 miliardi sterline, di cui circa 11 miliardi di sterline corrisponde al valore dei beni acquistati e

La continuità di tale interscambio va salvaguardata.

Il Regno Unito prima del processo Brexit, nella Belt and Road Initiative (BRI), rappresentava il partner potenzialmente chiave per la Cina per mediare all’interno dell’Unione Europea su temi particolarmente “caldi” da un punto di vista commerciale. Quindi adesso “Downing Street” dovrebbe trovare una soluzione per salvaguardare la propria capacità competitiva sui mercati, che potrebbe essere fortemente influenzata, sia a causa del processo Brexit sia a causa del mancato coinvolgimento (per il momento) nella BRI.

A tale proposito l’Eire è pronta dopo la Brexit a sostituire la Gran Bretagna come nuovo interlocutore fidato della Cina nella promozione della Belt and Road Initiative, secondo quanto ha dichiarato nei mesi scorsi il ministro degli Esteri e vice primo ministro irlandese. D’altronde il buon legame fra il governo di Dublino e quello di Pechino annovera storicamente molti esempi di buone relazioni commerciali a partire dal ruolo di modello svolto dalla Shannon Free Zone creata nel 1959, e di tutor dei suoi funzionari rispetto alla creazione delle prime zone economiche speciali nella Cina meridionale nel­ 1980, per alimentare la riforma economica e commerciale, la c.d. «politica della porta aperta», lanciata da Deng Xiao Ping.

Quindi per Londra è vitale tenere conto di tale prospettiva perché le ricadute sul Regno Unito potrebbero avere effetti molto negativi proprio a partire dalle conseguenze economiche create sugli interscambi commerciali che avvengono attraverso il confine tra l’Eire e l’Irlanda del Nord. La creazione di conseguenze negative di carattere economico, espone però anche al rischio dell’eventuale riemersione di possibili attriti di carattere politico in questa delicata area, storicamente mai definitivamente sopiti.

Ecco perché il contenuto di alcuni punti proposti dal Governo inglese per l’Accordo Brexit vanno nella direzione di creare lungo il confine irlandese una sorta di zona economica speciale.

Tale idea potrebbe avere un’importante valenza politica, e ciò sarebbe in linea con l’evoluzione funzionale nel mondo delle ZES. Infatti l’aumento della rilevanza come strumento politico per attrarre investimenti, determinerà una sempre maggiore attenzione sia delle singole ZES sia dei Paesi a guardare oltre i confini amministrativi e quindi a sviluppare approcci integrati transnazionali allo sviluppo delle ZES.

Pertanto nel caso di specie sarebbe molto auspicabile la creazione di una ZES “cross country” ad esempio soprattutto nell’area di Derry City-Donegal, come è avvenuto in altre parti del mondo, ad

L’avallo da parte dell’Unione Europea di tale soluzione potrebbe essere un’opportunità concreta per le istituzioni di Bruxelles di abbandonare la propria anacronistica posizione di sostanziale ostracismo dogmatico e preconcetto sulle ZES (divenute in ogni parte del mondo sempre più congeniali al contesto storico di sviluppo economico globalizzato e dipendente dalla connessione con le Global Value Chains, che rappresentano oggi quasi il 50% degli scambi in tutto il mondo) e di attuare invece una più efficace “realpolitik“, con effetti di importanza non solo economica ma anche, come nel caso di specie, di evidente peso specifico su temi politico-diplomatici.

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Valentina Di Milla

Amministratore Unico

RALIAN Research & Consultancy srl